Tosca 2017
Firenze - Teatro del Maggio Musicale Fiorentino


TOSCA
Regia Federico Bertolani
Scene Tiziano Santi
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci DM Wood

NOTE DI REGIA
[...] in questa Tosca vedo l’opera che ci vuole per me, non di proporzioni eccessive né come spettacolo decorativo [ ... ] con queste parole Puccini in una lettera del maggio 1889 a Ricordi sollecita l ’ editore ad ottenere al più presto i permessi necessari dal drammaturgo francese Victorien Sardou per dare vita alla Sua Tosca.
Da queste poche appare subito evidente l’intento Pucciniano: trasformare la naturalistica e monumentale pièce francese in un melodramma drammaturgicamente concitato e profondo allo stesso tempo. L’azione è rapida incalzante ma i sentimenti rimangono o divengono ancor più profondi.
Nella gestazione di questa nuova opera il compositore deve sin da subito fare i conti con le pretese di naturalismo di Sardou; ma quello che interessa a Puccini è più il verosimile: certo la storia è ambientata a Roma ma non è il paesaggio oleografico che importa bensì l’atmosfera che aleggia sulle architetture in Travertino.
La Roma di Tosca è una Roma trasformata dal malcostume, dalla violenza e dalla cattiva esercitazione del potere; il travertino lucente sembra imbrattato sporco; i nostri protagonisti per la loro sete di liberta e di bellezza rimangono come imprigionati in questa lordura senza riuscirne ad uscire se non con la morte. In questa sorta di prigione assistiamo ad una continua sovrapposizione fra sacro e profano fra lecito e illecito fra piacere e penitenza. Scarpia mentre si compiace della suo violento esercizio del potere si inchina e prega al passaggio del Cardinale Tosca dopo aver ucciso il suo aguzzino religiosamente si inginocchia per posare sul suo petto un crocifisso.
La società romana con i suoi riti rimane l’indispensabile ma secondo piano. Il Te deum, la festa in onore della presunta vittoria cosi come il risveglio della città scorrono al di fuori della nostra scatola/prigione come piani sequenza inerme e indifferenti al dramma che consuma. Una società né accondiscendente con il potere costituito né oppositrice forse semplicemente inconsapevole.
De La Tosca di Sardou rimane anche il periodo storico, ma anche in questo caso a Puccini non interessa raccontare la grande storia piuttosto si concentra su quella dei personaggi relegando battaglie, sconfitte e vittorie al ruolo di cronaca o di espediente drammaturgico utile a dare dinamicità e forza all’ intreccio. Ma in maniere netta emerge l’eterno conflitto fra un cattivo esercizio del potere e la libertà dell’uomo, e più in particolare degli artisti tanto cari al compositore. La violenza di Scarpia non si esercita tanto su Cavaradossi in quanto Volteriano ma piuttosto sull’artista libero anticonformista così come l’ossessione per la Diva nasce probabilmente da un suo primo rifiuto.
Ecco che come in qualsiasi regime prima o poi coloro che vi si oppongono vengono imprigionati fisicamente o mentalmente; messi muro dalla barbaro esercizio del potere senza possibilità di scampo o fuga e nostri personaggi con le spalle al muro si rivelano allo spettatore repentinamente per quello che sono. La violenza del potere arriva ovunque e in ogni momento: mentre la chiesa si riempie di incenso per il Te Deum il Sagrestano è costretto ad un interrogatorio e rivela la sua ingenuità cosi come Angelotti nascosto nel pozzo di una villa di campagna scoperto decide eroicamente per il suicidio e poi Cavaradossi fiero va all’esecuzione consapevole dell’amore di Tosca e dell’inganno di Scarpia; infine lei la nostra protagonista che fino all’ultimo ha creduto di potersi liberare dalla ragnatela del male ne fugge liberandosi ma solo andando verso la morte.
FEDERICO BERTOLANI

[...] Federico Bertolani studia (con le scene di Tiziano Santi e il realismo stilizzato di Valeria Donata Bettella) una regia attenta alla recitazione, una regia attenta alla recitazione, incentrata su uno spazio essenziale, sorta di scatola emotiva della vicenda; mentre i luoghi così funzionali al dramma, ci arrivano di sfuggita, da fessure sullo sfondo.
FRANCESCO ERMINI POLACCI - CORRIERE FIORENTINO

[...] L’allestimento verte su un’idea di fondo semplice ma non scontata: la sottolineatura della morbosità insita, più o meno velatamente, nell’opera pucciniana che apre il Novecento. A evidenziare tale aspetto concorrono in primis le scene firmate daTiziano Santi: niente basiliche ariose e baroccheggianti, né paesaggi su Roma, bensì una scatola claustrofobica sulle cui pareti si arrampica sempre più una densa tintura nera. Il grande muro di fondo può sollevarsi a metà della sua altezza per rivelare una sorta di corridoio rialzato e illuminato, unica feritoia verso il mondo esterno. Le passioni che animano l’opera vengono così costrette e impossibilitate a trovare sfogo, come a far prigionieri gli stessi personaggi nelle loro spire di morte e voluttà. Solo alla fine, quando la diva viene circondata, dietro di lei si apre un varco quadrato, una via di fuga più ampia: una scala verso il cielo color arancio e uno scorcio dell’ala del famoso angelo di Peter Anton von Verschaffelt; così Tosca, dopo aver fermato i sicari con lo sguardo, sale i gradini e si getta nel vuoto come da copione.
La regia di Bertolani si inserisce infatti nel solco della tradizione, seguendo le indicazioni suggerite dal libretto, ma risulta comunque molto curata nei movimenti dei solisti, che si lasciano trasportare nell’azione senza problemi. Unica trasgressione è la scena del Te Deum in cui Scarpia rimane solo al centro della scatola scenica, di fianco alla statua della Madonna, mentre il coro si affaccia a guardarlo dalle feritoie aperte in mezzo alle pareti, finché lui sugli accordi finali non si inginocchia in mezzo a una luce di taglio per farsi il segno della croce con modi faticosi, quasi forzati, ma carichi di un qualcosa di terribile.
FILIPPO ANTICHI - WWW.CONNESSI ALL'OPERA.IT

[...] La regia di Federico Bertolani si muove discretamente tra tradizione e simbolismo: l’idea di separare lo “sfondo” dal “cuore” dell’azione, recependo e interpretando una delle tante indicazioni dello stesso Puccini è risultata tutto sommato convincente.  La “scatola” di travertino all’interno della quale si svolge la vicenda risulta forse un po’ deludente nel primo atto, anche per la scenografia “minimalista” che lascia fuori le consuete atmosfere barocche; ma tutto sommato, il finale con il “Te Deum” in una specie di balconata, cantato da fermo piuttosto che in processione, ha comunque un suo fascino.  Nel secondo atto, la stanza di palazzo Farnese e la  il cortile chiuso di Castel S.Angelo danno un a sensazione di oppressione e quasi di claustrofobia, che accentuano benissimo il ribollire e l’esplodere delle passioni.  Bellissima la scena finale del suicidio, con la scalinata che si apre improvvisamente e  la morte della protagonista tra lo sgomento (e il rispetto) delle guardie.
DOMENICO DE NERO - WWW.TOTALITA.IT

Tosca 2017 Firenze
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Tosca 2017 Firenze

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